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Flat tax, lo studio del Caf Cgil: “Una riforma che penalizza dipendenti e pensionati mentre premia redditi alti ed evasori”

Conferenza stampa ieri in via Longhin, sede della Camera del Lavoro, dove il Segretario Generale della Cgil di Padova, Aldo Marturano, e l’AD per la provincia di Padova del Caf Cgil Veneto, Lisa Contegiacomo, hanno presentato uno studio con delle simulazioni degli effetti sui redditi prodotti nella provincia di Padova dalla riforma fiscale del governo Meloni, le cui conseguenze andrebbero a penalizzare, secondo delle proiezioni, l'80% dei lavoratori e pensionati, che in termini di numeri si traducono in 400mila dipendenti e 200mila ultra 65enni su 1 milione di abitanti.

Oggi le aliquote Irpef esistenti sono quattro: 23% per i redditi da zero a 15 mila euro; 25% da 15 mila a 28 mila euro; 35% da 28 mila a 50 mila euro e 43% per i redditi più alti. Il passaggio a tre aliquote, il nodo centrale della riforma fiscale che il Governo intende varare, è previsto, secondo indiscrezioni circolate nella stampa ma avvallate da diversi esponenti dell’esecutivo, sul solco di due ipotesi: la prima prevede tre aliquote (23%, 27% e 43%), che costerebbero allo Stato 6 miliardi di euro, la seconda prevede sempre tre aliquote (23%, 33% e 43%), per un costo di 10 miliardi. Chi ci guadagnerà? Ebbene, secondo i numeri, se passasse la prima ipotesi il vantaggio si registrerebbe a partire dai redditi superiori a 34 mila euro. Nella seconda ipotesi si realizzerebbe un risparmio per tutte le fasce di reddito, ma con proporzioni completamente diverse.

È quel che emerge chiaramente dalle proiezioni realizzate sulla base di 63 mila anagrafiche dei redditi dei padovani che si rivolgono al sindacato per la propria dichiarazione dei redditi. Dati confrontati con le 310 mila anagrafiche del Caf regionale, risultati assolutamente in linea, che in proiezione riguardano, nel padovano, circa 600 mila persone, tra lavoratori dipendenti e pensionati. Ebbene, secondo il Caf della Cgil, con un reddito fino a 15 mila euro oggi l'imposta lorda è di 3.450 euro, domani sarebbe sempre 3.450, dunque senza cambiamenti. Un reddito medio di 28 mila euro oggi paga 6.700 euro, con la riforma potrebbe pagarne 6.960 mila. Infine un reddito alto di 50 mila euro oggi paga 14.400 euro vedrebbe l'Irpef calare a 12.900 euro.”Buona parte dei lavoratori che noi rappresentiamo si troverebbero nel primo scaglione - spiega Contegiacomo - per poi arrivare ad un 80% di lavoratori che hanno redditi sotto i 30 mila euro, dove insistono le categorie più fragili cioè donne e giovani. Nella prima ipotesi non ci sarebbero vantaggi fino ai 30 mila euro di reddito, penalizzando dunque l'80% dei lavoratori”.

“L'esecutivo - interviene il segretario generale Aldo Marturano - dice che i tagli li faranno sulle agevolazioni (detrazioni, deduzioni, crediti di imposta), alleggerendo la pressione fiscale. Ma i crediti di imposta sono un pezzo, il resto lo si tirerà fuori dalla spesa pubblica, cioè non finanziando più come prima sanità, istruzione e assistenza. La sanità in particolare è in qualche nodo la madre di tutte le battaglie, abbiamo visto l'importanza che ha avuto durante la pandemia, ma è già in grande affanno e così correrà verso il convenzionato: si sta preparando una strada che va verso la privatizzazione. Già oggi chi può permettersi gli esami diagnostici e non può aspettare mesi, lo fa. Chi non se lo può permettere, non ha vie d'uscita”.

“Il sistema fiscale finanzia il nostro stato sociale – aggiunge Marturano – e i suoi pilastri sono sanità, istruzione e assistenza, inoltre dovrebbe redistribuire la ricchezza secondo un sistema progressivo basato su un principio di solidarietà per cui chi ha di più, paga di più e chi ha di meno, paga di meno. Parliamo di un principio di uguaglianza che risale alla nostra storia europea: lo stato sociale viene introdotto in Europa come terza via tra comunismo e liberismo. Ma oggi (e questo fa arrabbiare) il sistema fiscale regge sul peso di lavoratori dipendenti e pensionati per oltre il 90 per cento”.

“È inaccettabile che il Governo cambi il sistema fiscale senza coinvolgere le organizzazioni sindacali – attacca il segretario generale – come è ugualmente inaccettabile che acceleri un percorso verso il neo liberismo, smantellando lo stato sociale. Tutto ciò non fa che mettere a rischio il sistema fiscale che è già malato perché ha un'evasione fiscale tra le più alte al mondo, pari a 100 miliardi l'anno: immaginiamo, recuperandone solo la metà, quante cose si potrebbero fare”.

“Parliamo sempre del debito pubblico – prosegue il Segretario Generale – ma siamo indebitati perché c'è chi non paga le tasse. E non è vero che a non pagare sono le grandi aziende perché l'evasione per quanto riguarda le grandi realtà è pari al 15 per cento: per l'85 per cento è un'evasione diffusa. Non si toccano gli evasori perché sono almeno 10 milioni di voti politici. E allora il Governo cosa fa? Prende la strada esattamente contraria: le tasse sono un male da evitare, alleggerisco il peso fiscale, ma lo vado ad alleggerire soprattutto nei confronti di chi più potrebbe contribuire. E non sanziono chi non paga le tasse: se prima gli evasori la facevano franca ma almeno pagavano la sanzione , ora si introduce il "fisco amico", ci mettiamo d'accordo, lo si fa nel caso di contribuenti piccoli fino a 5 milioni di euro, che dunque tanto piccoli non sono, facendo un concordato biennale per cui l'evasore paga un tot, dunque di fatto si legalizza l'evasione. Ma ai lavoratori dipendenti il "tot" non viene assegnato”.

 

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